Racconto ‘Sbadiglio’ Parte 2
Ottobre 9, 2017 7:40 pm Published by Leave your thoughts

Un racconto distopico. Un’epidemia, un amore e una giovane ragazza.

É tutto un sogno?

O è la realtà?

E soprattutto… come si fa a distinguere la realtà dal sogno?

Ascolta la soundtrack mentre leggi il racconto.

Dopo poco tempo anche il padre si svegliò, accarezzò la chioma scarmigliata di Clara, e la salutò con un bacio.

Borbottò qualcosa di incomprensibile con la voce impastata e si voltò verso la televisione accesa. La giornalista con sguardo indifferente e un sorriso falso sulle labbra proseguiva il suo compito di diffusione di notizie spiacevoli. La sua figura veniva intervallata da immagini catastrofiche, e la voce atona accompagnava gli eventi accaduti il giorno prima.

Dei ladri che approfittavano della situazione degli assopiti per svaligiare gli appartamenti, stupratori che deturpavano i corpi immobili delle donne, incidenti e distruzione da parte di conducenti di qualsiasi mezzo e veicolo addormentati, navi affondate, aeroplani caduti in mare o imbattuti in catene montuose, uomini investiti… il sonno letale può comparire in qualsiasi momento o luogo.

Quelle informazioni non servirono a nulla di buono, non rivelarono niente di importante e utile, perseguirono solo il loro intento distruttivo. I media manipolavano le emozioni, ma ora, incontrollate, non potevano assicurarsi allo stesso modo l’audience e sperare che lo share salisse miracolosamente.

Era solo un farsi del male, pensò Clara, nessun uomo poi sorriderà dopo aver udito quelle parole, dopo aver compreso cosa avrebbero dovuto aspettarsi dall’intera umanità. Quale voglia potrebbe possedere un uomo di vivere ancora, di sopravvivere così?

Il Male sta debilitando il Bene. E allora perché non chiudersi in un sogno, intrappolarsi e tuttavia vedere finalmente i desideri realizzarsi, essere finalmente felici?

Clara cambiò frettolosamente pensiero, era molto pericoloso proseguire in quel modo.

Ma il pensiero ritornò violentemente e rimuginò sulla quantità di utenti che potevano provare dolore al sentir quelle notizie in quel preciso momento, e altri soffrire per empatia creando così una catena infinita di malinconia, fin quando la depressione schiaccerà ogni uomo sulla Terra. Clara si lasciò distrarre dal rumore dietro di sé, la teiera era caduta e aveva sparso il liquido sul pavimento.

La mano della madre tremava, Clara lo notò subito e tentò di rassicurarla, «Va tutto bene, ora si pulisce. Può capitare.»

Prese un panno dal mobile e si accorse di come i genitori si accasciarono pesantemente sulle sedie, aggrapandosi al bordo del tavolo per mantenersi eretti e impedire che le forze scivolassero via. Con sguardo basso, ignorarono Clara che puliva il pavimento.

La cronista augurò al suo pubblico di sperare almeno in un bel sogno.

Clara si alzò contrariata e spense la televisione.

I suoi genitori iniziarono a farfugliare qualcosa tra loro, che Clara non riuscì a intuire.

L’ansia cominciò a salire. Stavano per cedere?

Clara si alzò per guardarli meglio, il tavolo da pranzo li separava. Osservò il volto della madre, lo sguardo vuoto e la pelle contratta. Poi lei si voltò verso la figlia con gli occhi scuri lucidi, stava per scoppiare in lacrime. Clara si rabbuiò, i brividi la percorsero per tutto il corpo, trasalì e nonostante ciò uno scatto d’ira la invase.

«Mamma! Mamma! No!» la rimproverò con sguardo truce.

Clara impallidì davanti al viso terreo della madre e si voltò verso il padre per chiedergli aiuto, lui le rispose con un grugno cereo.

«Non ti arrendere!» supplicò Clara e indietreggiò terrorizzata anziché avvicinarsi.

Tutto accadde in un attimo per Clara.

«Vattene via da qui!» vociò il padre allarmato.

«SCAPP…» e la voce di suo padre fu risucchiata in uno sbadiglio.

La madre chiuse gli occhi, spalancò la bocca, mostrò i denti e sembrò proprio una bestia pronta ad attaccarla. Clara si lanciò impetuosamente a terra con orecchie tappate e occhi chiusi. Serrò le labbra, non doveva assolutamente cedere.  Il suo corpo percepì il pavimento tremare, gli occhi si inumidirono quando si accorse che i due corpi erano crollati, di fronte a lei, dall’altra parte del tavolo, irrimediabilmente assopiti. Clara dovette raccogliere tutta la sua forza e la concentrazione. Non doveva pensare all’accaduto, non poteva osservare più i loro corpi e pronunciare l’addio, non doveva cedere alla tentazione di soffrire.

Si voltò per non guardarli, recuperò il giubbino, lo zaino e si chiuse la porta dietro. Non sarebbe più tornata a casa. Non aveva un luogo dove andare, ormai era sola.

Continuò a ignorare i suoi pensieri e iniziò a correre senza meta, senza sapere quale sarebbe stato il prossimo piano. I piedi presero il controllo del corpo, scesero le scale, percorsero l’atrio del palazzo e lei si spostò con occhi annebbiati e lucidi. Intravedeva con grande sforzo una strada deserta, nessuno sveglio, solo qualche uomo assopito dietro o dentro i cassonetti della spazzatura.

Le mancava il fiato, le bruciava la gola dal dolore. Non riusciva a respirare, a ragionare.

Ad un tratto crollò a terra, nella città assopita, con le mani strette alla gola.

Non li aveva nemmeno salutati, pensava angosciosamente, non li vedrà più, comprese, almeno non nella realtà. Si dette uno schiaffo in pieno viso, ripetendo a se stessa che non doveva piangere.

Doveva convincersi che i suoi genitori non erano morti, stavano vivendo solo un sogno.

Però un pensiero penetrò con ostinazione la sua mente: loro saranno più felici nei sogni che nella realtà… quante volte Clara li aveva visti addormentarsi per non pensare alle loro vite faticose, noiose, senza sentimenti; in quel momento invece erano più felici, anche senza di lei.

Così la sua vocina rassicurante riprovò a cullarla.

Doveva impedire al suo corpo di cedere e far impazzire la ragione. In nessun modo avrebbe dovuto sbadigliare. Non poteva sparire così senza provare almeno a resistere. Lei aveva una missione prima di assopirsi, e ci doveva credere con tutto il cuore.

 

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